Certificati penali: l’incubo dei migranti

AIRE sì, AIRE no Immagine​​Chiunque abbia avuto a che fare con la richiesta di certificati penali ricorda con assoluta vividezza la farraginosità del procedimento. Quello che la rende certamente fastidiosa è la sorprendente arbitrarietà della procedura che può variare, anche sensibilmente, da Casellario a Casellario. Perché tra chi sostiene che il certificato penale lo puoi richiedere presso qualunque Procura, ma quello dei carichi pendenti no, te lo può rilasciare solo il Casellario giudiziale del comune dove hai la residenza, chi riserva la procedura d’urgenza al solo certificato penale e “mi dispiace ma per i carichi pendenti dovrà aspettare quindici giorni!”, chi te la applica invece per tutti i documenti e chi la interpreta come un semplice dimezzamento dei tempi canonici (quindi una settimana invece delle classiche 2) e non come “qui, subito e ora” come indicato sul sito del Ministero degli Interni (tale procedura comporta il rilascio del documento nella stessa giornata, ma d’altro canto si sa: “il sito del Ministero è generico e non è attendibile però possiamo fare così: le andrebbe bene se allora glielo diamo per giovedì” [cit.], dopo un mercanteggiare degno del più frequentato mercato del pesce di Varsavia), insomma tra tutte queste prassi sembra davvero mancare la certezza della procedura.

Se poi si vive all’estero, il tutto si complica ulteriormente. Un vero incubo che spesso si riesce a superare solo attraverso l’aiuto da casa, ovvero grazie all’incondizionato supporto di pazienti familiari che sbrigano la pratica al nostro posto. Per chi, invece, preferisse non disturbare amici e parenti, c’è sempre la possibilità di inviare la richiesta per posta – cartacea – alla Procura della Repubblica presso il comune della (precedente) residenza assieme ad un assegno bancario non trasferibile per coprire i costi delle marche da bollo e della spedizione, pregando in aramaico di ricevere i preziosi documenti al più presto (v. il documento esplicativo pubblicato sul sito dell’Ambasciata d’Italia a Wellingotn).

Infine, nel caso di cittadini italo-qualsiasicosa, magari per discendenza, mai risieduti in Italia, la battaglia si fa ancora più disperata. A meno che non si riesca a provare di non aver mai messo piede sul suolo italiano, l’Immigrazione neozelandese vorrà imperativamente ricevere anche i certificati penali italiani.
A meno che non si riesca a provare di non essere mai stato in Italia… probatio diabolica, altro che il diritto di proprietà! Come lo si prova di non essere mai stato in un posto?
La disperata battaglia, si diceva. Il cittadino italiano residente all’estero privo di legami diretti con l’Italia perché non vi ha mai vissuto può richiedere i certificati penali direttamente al Casellario giudiziale della Procura della Repubblica di Roma. Roma, forse la Procura più intasata d’Italia. Per questo motivo accogliamo con sollievo il recente aggiornamento pubblicato sul sito dell’Ambasciata d’Italia a Wellington secondo cui “However, since nowadays the database is unified, any Procura della Repubblica should be able to issue Criminal Records Certificates (therefore, it might be easier and quicker to apply to a smaller Province’s Procura)”.
Per le modalità, i costi e la modulistica si rimanda a quanto previsto per l’italiano che non vuole scomodare amici e parenti. Con relative preghiere in aramaico antico.
E il richiamo alle preghiere non è affatto una nota meramente folkloristica, dato che questa procedura riserva veri momenti di assoluto mistero e di ardente fede.

Permettetemi a questo punto di raccontarvi la surreale esperienza di cui sono stata testimone.
Lo scorso ottobre (2015) sono stata chiamata da un’amica italo-argentina disperata perché, pur conoscendo discretamente bene l’italiano, non riusciva a venirne a capo.
Lei e il compagno avevano presentato richiesta di residenza accompagnata dalla dichiarazione di non aver mai vissuto o visitato il nostro paese e, diversamente da quanto successo con l’application per il Work Visa, questa volta l’Immigration officer richiedeva comunque i certificati penali Italiani. Lei, quindi, stava impazzendo per capire procedure, tempi, organi preposti, modalità di pagamento.
La richiesta dei certificati attraverso le apposite agenzie rintracciabili tramite l’utilizzo di motori di ricerca sul web – intrapresa per risparmiare tempo ma certamente non denaro – non ci ha portato ai risultati sperati: innanzitutto ci siamo trovate nell’imbarazzo di dover scegliere, praticamente a scatola chiusa, un’agenzia che desse qualche garanzia di serietà: l’offerta sul web è infinita, ma a chi affidarsi per ottenere il risultato sicuro, per non essere truffati, per non perdere soldi?
Poi, una volta “osato”, ci siamo scontrate con inaspettati rifiuti e frustranti silenzi perché, ad esempio, la mia amica non aveva – ovviamente! – un codice fiscale italiano oppure perché, non avendo mai vissuto in Italia, non aveva un indirizzo locale di residenza (l’agenzia in questione prima ha sostenuto che “To request a penal certificates you must have lived in Italy in the past” e poi si è resa disponibile a superare l’ostacolo, a patto che si Procurasse un finto indirizzo. Il tutto per la modica cifra di 192,80 € (circa NZ$325) così ripartiti: 80 € per il certificato penale, 60 € spedizione; 22% di IVA sull’intero importo + 22 € per non meglio precisate tasse governative. E la mia amica di certificati ne doveva chiedere due!). Quindi, bye bye agenzie, faremo senza di voi!
E così alla fine, abbiamo compilato i moduli di richiesta, allegato un bank ceque del  valore di circa 60€ (corrispondenti ai costi per le marche da bollo, 16 €+3,84 € per ciascun documento + 2 marche da bollo da 3,84 € per i diritti di urgenza +  le spese di spedizione, senza contare i NZ$25 per la semplice predisposizione dell’assegno bancario e i costi di spedizione tramite corriere) e spedito tutto alla Procura della Repubblica di Roma, anticipando la domanda cartacea con una e-mail in cui si chiedeva la cortesia di scansionare i documenti e inviarli via posta elettronica, di modo da sveltire le procedure di traduzione.
La domanda è stata inoltrata il 10 ottobre 2015, il 23 ottobre 2016 il Casellario Giudiziale presso la Procura di Roma ha comunicato via e-mail l’avvenuto invio dei certificati senza però allegare alcuna scansione. Ad tutt’oggi (22 gennaio 2016) i certificati non sono ancora arrivati a destinazione e qualunque tracciamento risulta impossibile dal momento che la spedizione è stata fatta con posta prioritaria (prioritaria?)! Con buona pace delle 6/8 settimane (6 if urgent fees are paid come la mia amica ha fatto) di expected waiting time indicate nel sito dell’Ambasciata. E comunque, anche arrivassero domani, avrebbero una validità residua di 3 mesi: non male per dei certificati che ne valgono in tutto 6!

E intanto, nelle more dell’attesa, la richiesta di residenza era stata sospesa e il visto di lavoro si stava avvicinando alla sua naturale scadenza.

Così, visto che i documenti non accennavano ad arrivare, ho approfittato della mia vacanza natalizia in Italia per recarmi personalmente presso la Procura della Repubblica del comune di residenza dei miei genitori a richiedere – con delega – la documentazione necessaria. Ovviamente ho ri-pagato tutte le spese relative e, finalmente, dopo 15 giorni ho potuto stringere tra le mie mani i certificati penali della mia ormai isterica amica. Ora lei si è ripresa dallo stress, gode di ottima salute ed è serena anche perché esattamente il giorno dopo aver inviato all’immigrazione i documenti originali, ha ottenuto l’agognato visto.

Come si evince da questa testimonianza, la procedura di richiesta dei certificati penali tramite posta ordinaria da inviare alla propria Procura della Repubblica nasconde mille trabocchetti ed infinite difficoltà non solo per gli italiani per discendenza che in Italia non hanno mai vissuto, ma anche per quei connazionali che non hanno una famiglia o degli amici disponibili ad aiutarli.
Le criticità riguardano i tempi biblici, l’incertezza dovuta all’impossibilità di fare affidamento sempre e solo su di un determinato pubblico dipendente, l’aleatorietà circa la ricezione dei documenti data la spedizione con posta prioritaria non tracciabile. Aleatorietà che, prendendo in prestito un vecchio broccardo latino, rende incerto non solo il quando (il quando arriveranno) ma, a questo punto, anche l’an (se arriveranno).

Nel migliore dei mondi possibili, il processo di informatizzazione della pubblica amministrazione sarebbe così avanzato da permetterci di scaricare agilmente dal nostro account certificati, estratti, certificazioni. Ma, dato che viviamo, invece, in questà realtà fallace, vista la delicatezza e l’importanza dei certificati penali nella procedura di ottenimento dei visti, constatata la difficoltà di potersi affidare serenamente ad agenzie specializzate nelle pratiche burocratiche (e per gli italiani per discendenza l’impossibilità di usare tali agenzie) e assodata l’alta incidenza statistica nei vari Gruppi feisbucchi degli Italiani in Nuova Zelanda – o nelle singole sue città – della sempreverde domanda su come procurarsi i certificati penali dall’Italia, sarebbe utile – a mio avviso – realizzare una collaborazione con alcuni professionisti in patria che possano agevolare la procedura di ottenimento dei certificati penali.
Quando parlo di professionisti, penso essenzialmente agli studi legali dal momento che la frequenza pressoché giornaliera dei tribunali da parte di qualcuno dello studio (avvocati, praticanti, segretari/e) renderebbe agile e poco impegnativo il disbrigo di tali pratiche.
A loro, quindi, il compito di procurare e spedire (con raccomandata, per Dio!) la documentazione, ma al Com.It.Es., ai Consoli Onorari e all’Ambasciata quello di indirizzare e consigliare sulla modulistica, la sua esatta compilazione e gli altri noiosi dettagli (ma anche noi di Leaving Italy, Living New Zealand saremo ben felici di fare la nostra parte).

Questo, a mio avviso, sarebbe un servizio davvero utile per la Comunità italiana in Nuova Zelanda.
​E infatti l’ho proposto al Com.It.Es.!


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