Era anche, per dirla con le sue parole, uno scrittore che per caso era anche omosessuale, e che per la sua sessualità subirà un processo nel 1929 (l’omosessualità rimarrà un crimine in Nuova Zelanda fino al 1986) che lo traumatizzerà al punto da non dichiararsi mai completamente e sussultare ogni volta che qualcuno bussava alla porta un po’ troppo forte.

Era un mentore generoso, quello che ha ospitato Janet Frame dopo il suo soggiorno in manicomio e che per primo ha intuito e coltivato il suo grande talento.
Per concludere, è stato uno dei primi in Nuova Zelanda a decidere che di mestiere avrebbe fatto lo scrittore e nient’altro.
Sargeson affrontava il processo creativo come un vero e proprio lavoro nine to five: sveglia la mattina presto per revisionare le bozze del giorno prima, qualche nuova pagina fino a mezzogiorno, la corrispondenza.
La porta era sempre aperta, ma se per caso entravi a disturbare in orario di lavoro ti beccavi qualche rimbrotto piccato.
La determinazione con cui ha perseguito la sua vocazione l’ha consacrato come padre fondatore della letteratura neozelandese: è infatti stato il primo a dare una voce a un universo di personaggi emarginati, di nomadi solitari che vagano di città in città seguendo il calendario dei lavori stagionali, e a farli parlare nel linguaggio di tutti i giorni, un inglese neozelandese che Sargeson ha riprodotto magistralmente restituendone nei suoi racconti la naturalezza e il ritmo e conferendogli una dignità letteraria.
COSA HA SCRITTO
Sargeson è stato un autore estremamente prolifico, che oltre a scrivere una vagonata di racconti si è anche cimentato nel romanzo e nella scrittura per il teatro.
Il genere a lui più congeniale rimane però il racconto breve, che l’ha reso celebre in Nuova Zelanda e grazie al quale ha creato un precedente per cui la generazione successiva di scrittori neozelandesi ha scoperto che sì, si può effettivamente scrivere di Nuova Zelanda rimanendo in Nuova Zelanda, senza dover fare per forza il giro del mondo e finire a scrivere in Gran Bretagna con l’inglese della regina.
I primi racconti di Sargeson appartengono al decennio 1935-1945, un periodo segnato da un paio di eventi di poco conto come gli strascichi della Depressione e la Seconda Guerra Mondiale. In particolare la crisi economica, la slump, contribuirà a far sviluppare un clima di solidarietà tra i neozelandesi e a far maturare in loro l’idea di non essere più degli esiliati in terra straniera, ma abitanti di un Paese vero e proprio.
Questa nuova consapevolezza genera negli scrittori di allora il bisogno di trovare una voce adatta a raccontare l’identità neozelandese, di scrivere opere che siano significative anche per il neozelandese medio e che rispondano alla domanda “What is New Zealandness?”. A rispondere sarà il nostro affezionatissimo, che produrrà dei racconti brevissimi, gioiellini letterari in cui un singolo evento fa da sfondo in contrasto al quale emerge il personaggio principale.
È un modello narrativo che si adatta bene al ritmo dell’inglese neozelandese con cui parlano i protagonisti, uomini o ragazzi allo sbando, randagi senza radici che vengono investiti del ruolo di narratori nonostante non abbiano le capacità per esprimere i loro sentimenti. Non perché siano scemi eh, ma perché sono uomini duri e puri, a cui nessuno ha mai spiegato come parlare delle proprie emozioni e che non dovrebbero neanche pensarci, alle emozioni. Questi duri dal cuore d’oro vengono contrapposti a delle figure conformiste e puritane, una serie di personaggi statici, stagnanti.
Gli uomini dei racconti di Sargeson sono il più delle volte legati da un rapporto d’amicizia, da una mateship spesso descritta con toni ambigui che alludono a rapporti omoerotici.
È innegabile che la sessualità di Sargeson abbia influito sulla sua produzione letteraria, ma (e qui arriviamo alla parte interessante) tutti i critici che l’hanno studiato, letto, adorato, si sono messi due belle fettone di prosciutto sugli occhi e hanno fatto finta di niente fino agli anni ’80.
Per farvi capire, uno dei personaggi del racconto “That Summer” è CHIARAMENTE un uomo che si traveste da donna, non si può sbagliare, ma tutti i critici che hanno analizzato quel particolare racconto o non hanno capito che quello era un uomo che si travestiva, o l’hanno ridotto a termine di paragone con il quale sottolineare, per contrasto, la “normalità” del protagonista.
Per farla breve, per i critici e gli scrittori contemporanei di Sargeson la sessualità di quest’ultimo è un argomento scomodissimo.
In quel periodo la Nuova Zelanda ha infatti in mente un ideale ben preciso di maschio: è un uomo che pratica una serie di attività considerate virili tipo lavori manuali, sport, bere come una spugna, servire nell’esercito, e che è sessualmente attivo e fertile; in una parola, eterosessuale.
Da questo ideale si svilupperà un movimento letterario improntato sulla mascolinità, per il quale la sessualità di Sargeson è appunto una potenziale fonte di imbarazzo, ma per cui al tempo stesso lo scrittore è indispensabile, poiché i suoi racconti sono la base su cui verrà costruita tutta la successiva narrativa in prosa del movimento.
La beffa più grande per tutto il movimento è che una delle principali fonti di ispirazione di Sargeson è Harry Doyle (con lui nella foto a sinistra), l’uomo con cui ebbe la sua relazione più duratura e dal cui modo di parlare attinse a piene mani per creare il linguaggio dei suoi personaggi.
Il movimento della letteratura della mascolinità neozelandese, massima celebrazione dell’eterosessualità e della virilità becera, deve quindi molto, se non tutto, a una relazione sentimentale tra due uomini.
E stacce.

Nel contesto sociale e letterario in cui è inserito, Sargeson è ben consapevole di stare scrivendo prima di tutto per un lettore omofobico, e da qui possono derivare tutte le considerazioni formali sulla sua opera. Le allusioni sessuali nei suoi racconti si possono descrivere come un’espressione di una sessualità repressa e divisa, oscillante tra la sfera privata in cui si consuma un sesso furtivo e criminale e la sfera pubblica caratterizzata dalla facciata di un’amicizia affettuosa.
Il linguaggio laconico e allusivo dei personaggi è un’ulteriore rappresentazione della condizione di censura in cui è costretto.
Ne scaturisce così il paradosso per cui questo linguaggio, ispirato dall’uomo con cui Sargeson ha avuto la relazione sentimentale più importante della sua vita, e quindi dalla sua omosessualità, abbia dato vita e funzionato da modello per un movimento letterario che in ultima analisi rifiuta l’omosessualità.
Sono quindi due i potenziali lettori dell’opera di Sargeson: da una parte il nazionalista che rifiuta l’omosessualità e non riesce neanche a immaginare che due uomini possano consumare un rapporto sessuale e quindi non coglie neanche le allusioni, ma a cui l’autore comunque si rivolge forse per scuotere qualche certezza, e dall’altra un lettore più sensibile, inserito nell’ambiente omosessuale della Nuova Zelanda e in grado di capire e godersi i segnali nascosti.
Nel 2000 ci si è finalmente chiesti chi potesse essere in pratica questo lettore queer, ma adesso, alle porte del 2018, questo lettore potrebbe corrispondere al lettore di oggi, consapevole dell’esistenza di sessualità diverse e di cui è interessato a comprendere il punto di vista.
CONSIGLI PER GLI ACQUISTI
L’edizione più recente dei racconti di Sargeson è pubblicata da Cape Catley con il titolo “Frank Sargeson’s Stories” e contiene alcuni racconti inediti.
Se volete scoprire l’uomo che si nasconde dietro tutte quelle pagine consiglio le raccolte curate da Sarah Shieff: quella di lettere del 2012, “Letters of Frank Sargeson”, e quella di lezioni commemorative “Speaking Frankly” del 2011.
Se vi interessa approfondire la storia dell’omosessualità (maschile) in Nuova Zelanda consiglio il bellissimo “Mates and Lovers – A History of Gay New Zealand” di Chris Brickell, pieno anche di fotografie d’epoca.
Se non avete voglia di leggere c’è il documentario in 4 parti “Perfectly Frank” di Bruce Sheridan.
Se vi sentite un po’ avventurosi potete visitare la casa di Frank Sargeson al 14 Esmonde Road a Takapuna.
Dovete contattare la biblioteca di Takapuna e prendere appuntamento con un/a bibliotecario/a che vi accompagnerà e possibilmente vi racconterà qualcosa sulla vita di Frank e sul suo bach (altrimenti fate un fischio e vengo io, tanto ormai Franco lo conosco meglio di mio nonno).