Jean era sinonimo di avventura, audacia, esplorazione e glamourBellissima, ambiziosa, determinata e alquanto spregiudicata, era convinta che sarebbe riuscita a lasciare un segno – tutto kiwi – nella storia.
E la storia le ha dato ragione.

Forse Jean ereditò la passione per il volo dalla madre.

Probabilmente a segnare il suo destino non fu il ritaglio di giornale – attaccato sopra la culla – sulla prima trasvolata sulla Manica da parte del francese Louis Blériot nel luglio 1909. Molto più realisticamente quello che concorse a formare la sua determinazione fu l’idea materna – alquanto radicale per quel tempo – secondo cui per avere successo nel mondo, Jean dovesse competere con gli uomini nelle attività maschili.
E cosa c’era di più maschile del volo?
E cosa di più audace, pericoloso ed eccitante?
Agli inizi del Novecento nulla!
E, allora, lei lo elesse suo terreno di gioco.

L’occasione per imparare a guidare un aeroplano giunse solo nel 1930, con il trasferimento a Londra di Jean e la madre. Nel dicembre del 1930 ottenne la Licenza A, per voli privati, e 1931 quella commerciale.

Nonostante la sua non agiata situazione economica e nonostante la realistica possibilità di impiego nel settore del trasporto privato, Jean non fu mai interessata a fare del volo il suo mestiere: voleva infrangere record, voleva essere ammirata.

Continuava a ripetere che sarebbe stata la prima donna a raggiungere la Nuova Zelanda dall’Inghilterra in un unico volo.

La storia narra che pur di raggiungere l’obbiettivo, Jean non disdegnò generosi regali da abbienti e meno abbienti ammiratori illusi, probabilmente, da false promesse matrimoniali.
Nel 1932, alla faccia degli omaggi galanti, ricevette un Gipsy Moth di seconda mano, un biplano monomotore da turismo.
Con quello, Jane completò la trasvolata che dall’Inghilterra la portò a Darwin, Australia, battendo il  record di Amy Johnson.
Era il 1935, si trattava del terzo tentativo (dopo i fallimenti del 1933 e del 1934) e ci impiegò 14 giorni e 22 ore: 5 giorni in meno di Amy!

Poi dall’Australia se ne tornò in Inghilterra, sempre sul suo Gipsy Moth, diventando così la prima donna a fare il volo di ritorno.
In Gran Bretagna la notorietà e la stima erano tali che la RAF la impiegò come testimonial per la sua campagna di reclutamento, privilegio senza precedenti dal momento che fino ad allora quel ruolo era stato totalmente appannaggio maschile.

L’eroina dei tre mondi.

Grazie ai guadagni provenienti dal suo successo, Jane riuscì ad acquistare un Percival Gull, un monoplano che, con la sua elica leggera in metallo, i freni idraulici, una pompa di benzina automatica, flap di atterraggio, un motore da 200 CV e un serbatoio di carburante extra, le avrebbe permesso di infrangere nuovi record! Dopo aver raggiunto fama e onori nel vecchio (Europa) e nel nuovissimo mondo (Oceania), Jane puntava a conquistare quello Nuovo: le Americhe. Il suo progetto era di arrivare il Brasile volando sopra l’Oceano Atlantico del sud e di battere il record di 85 ore e 20 minuti detenuto da Jim Mollison.

Jean decollò dalla Francia l’11 novembre 1935 e raggiunse il Brasile, precisamente Port Natal, in 61 ore e 15 minuti, quasi un giorno in meno del collega Mollison. 

Si vola verso casa!

Nel 1935 Jean Batten era ufficialmente l’aviatrice più famosa al mondo e il mondo aspettava con il fiato sospeso notizie della sua prossima avventura.
La comunicazione non tardò ad arrivare. Era il 1936 e Jean era finalmente pronta all’impresa che sognava fin da ragazza: il volo “attraverso il mondo fino ai confini del mondo”, dall’Inghilterra alla Nuova Zelanda in un viaggio lungo 14.000 miglia – di cui 1300 sull’infido Mare di Tasman. 

Jean Batten decolò il 5 ottobre 1936 alle 3.30 del mattino e atterrò in Australia 6 giorni dopo: ci mise meno della metà del tempo impiegato – 3 anni prima – con il Gipsy Moth, un altro record per l’aviatrice solitaria.
Fu accolta a Sydney da fiumi di fan in adorazione e lei non li deluse mai. Sempre bellissima, quando non avvolta nella sua iconica tuta da volo bianca, fasciata in eleganti vestiti da sera, truccata, splendida presenziava alle serate in suo onore dispensando fascino e seduzione.
Ma i salotti australiani non erano la sua meta finale. Così il 16 ottobre 1936 ripartì alla volta della Nuova Zelanda, attraversò il periglioso Mare di Tasman e atterrò, 10 ore più tardi, ad Auckland dove la notizia del suo arrivo provocò ben 13 miglia di traffico sulla strada per l’aeroporto!

Quando, dopo alcuni mesi, fece ritorno in Inghilterra, conquistò anche il record per il volo in solitaria più veloce in direzione inversa (cinque giorni e 18 ore).

Quello sarebbe stato il suo ultimo volo a lunga distanza.

Nel 1938 fu insignita con la medaglia della Federation Aeronautique Internationale, il più alto onore dell’aviazione internazionale. Fu la prima donna a riceverla. 
Durante la seconda guerra mondiale Jean contribuì allo sforzo bellico con conferenze e finanziamenti, ma, nonostante la sua bravura come pilota, non entrò mai nell’Air Transport Auxiliary. Alcuni dicono fosse per colpa dei problemi alla vista causati da un incidente aereo avuto qualche tempo prima, ma per altri il motivo principale risiedeva nel carattere individualista di Jean.

Poco alla volta, Jean Batten, l’aviatrice più famosa al mondo negli anni Trenta, la Garbo dei cieli, scomparve dalla vita pubblica.

Sappiamo solo che non si sposò mai e che visse tra la Jamaica la Spagna, a Maiorca, dove morì dimenticata da tutti, nel 1983, a causa delle conseguenze di un morso di un cane.

Rimangono di lei una tomba senza nome a Palma di Maiorca e l’aeroporto internazionale di Auckland, a lei intitolato. Ecco chi è quella elegante signorina che saluta giovale davanti al terminal.