“The Piano”, 1993, scritto e diretto da Jane Campion

Che ve lo dico a fare, “Lezioni di piano” è un sogno in musica.
È un film romantico senza, però, essere mieloso; è una storia in costume eppure decisamente attuale. Soprattutto nella parte in cui lui, dopo averla mutilata nel fisico e nell’anima, le confessa che l’ha fatto per amore, le ha tarpato un’ala, tutto qui. Un atto dovuto, dunque, perché non spiccasse il volo, lasciandolo da solo tra melma e convenzioni.
Certe cose sembrano non cambiare mai.

“Lezioni di piano” è ambientato tra le spiagge di sabbia grigia di Karekare e Piha ed un indeterminato entroterra piovoso, fangoso e triste di una Nuova Zelanda di metà Ottocento (per la cronaca, il sole riappare solo alla fine, quando, finalmente innamorati e felici, lasceranno l’Isola del Nord per trasferirsi a Nelson).

Il trattato di Waitangi è stato appena sottoscritto (1840) ed è iniziata la colonizzazione britannica dell’isola: per 12 coperte, qualche fucile e alcuni bottoni, i Māori “vendono” la loro terra.
Ecco, i Māori.

Va bene, la storia parla di altro e loro stanno lì, sullo sfondo, a creare il contesto. Però, ci sono e, sinceramente, non ci fanno propriamente una bella figura: è una visione colonialista e stereotipata che raffigura gli uomini come faciloni, superficiali, ingenui ed impulsivi e le donne come oggetti a totale disposizione dei pakeha (i coloni).

Sono personaggi caricaturali, agghindati in modo ridicolo, a metà tra le loro tradizioni e la moda vittoriana, a metà tra uomo e donna, quasi ad alludere ad una probabile tendenza alla promiscuità. Non a caso, infatti, quasi tutti i loro dialoghi ruotano attorno ad allusioni – ma neanche tanto implicite – sessuali.

Ma è solo per fare la punta ai chiodi, perché nel complesso il film è bello, dolce, appassionante, la musica divina, gli attori in evidente stato di grazia e la svagonata di riconoscimenti internazionali assolutamente meritatissima.