Tasse e balzelli

Tasse, Aire e italiani in Nuova Zelanda

FotoL’Agenzia delle Entrate ha pubblicato da pochi giorni una guida fiscale per gli Italiani all’estero per evitare la doppia tassazione e usufruire del credito d’imposta. Un pregevole fascicoletto che tratta in generale di fiscalità e lavoratori occupati fuori dal Bel Paese.

Il pamphlet apre con un concetto base:
In linea generale, possiamo affermare che per stabilire dove un cittadino è tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti occorre considerare il concetto di “residenza fiscale.

E come si individua la residenza fiscale?
L’art. 2 del Tuir (Dpr 917/1986), per le imposte sui redditi definisce fiscalmente residenti in Italia le persone che:

  • per la maggior parte del periodo d’imposta (cioè, per almeno 183 giorni all’anno) sono iscritte nelle Anagrafi comunali della popolazione residente in Italia;
  • hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza;
  • si sono trasferiti in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata (salvo prova contraria).

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IMPORTANTE
Da notare che la regola secondo cui «ai fini delle imposte sui redditi si definiscono residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice Civile» è una presunzione legale assoluta che non ammetterebbe prova contraria.
“Ammetterebbe” perché qualcuno sostiene che le fattispecie di presunzione legale assoluta di esistenza del presupposto impositivo dovrebbero esser considerate in ogni caso incostituzionali perché impediscono la prova contraria da parte del contribuente. Ed infatti, la Corte costituzionale ha già provveduto a dichiarare illegittime alcune tipologie di presunzioni assolute in quanto lesive del diritto di difesa del contribuente garantito dall’art. 24 della Costituzione.

Comunque sia, attendendo un eventuale intervento a gamba tesa della Consulta (se mai ci sarà), la regola è chiara:tutti i cittadini italiani che

  1. lavorano all’estero e che
  2. non sono iscritti all’A.I.R.E. (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero)

sono fiscalmente residenti in Italia e devono ogni anno presentare la dichiarazione e pagare le imposte sui redditi ovunque prodotti SALVO CHE sia diversamente indicato da disposizioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.Ed ecco che entrano in gioco le Convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali. Tali convenzioni sono accordi bilaterali il cui scopo è  evitare la tassazione del reddito sia nel paese in cui questo è stato prodotto sia nel paese di residenza del soggetto che lo ha prodotto.

​Facciamo un esempio?

Prendiamo il caso di Carla, un’italiana che lavora da qualche mese in Nuova Zelanda ma non iscritta all’AIRE. Per la regola aurea di cui all’inizio, il fisco del bel Paese la considera residente in Italia dove dovrebbe pagare te tasse su tutti i suoi redditi ovunque prodotti (principio della World Wide Taxation).
Allo stesso tempo, siccome Carla ha passato più di 183 giorni in Kiwilandia, l’Inland Revenue la ritiene fiscalmente residente in Nuova Zelanda dove dovrebbe pagare le tasse su tutti i suoi redditi ovunque prodotti (tranne che per i primi 4 anni durante i quali hai diritto ad una esenzione sui redditi overseas).

Per le leggi dei due paesi, Carla risulterebbe fiscalmente residente in due paesi. Come risolvere, quindi, il problema della doppia residenza fiscale? Ma con la Convenzione contro le doppie imposizioni sul reddito e/o sul patrimonio stipulata tra Italia e Nuova Zelanda nel 1982 (ratificata con legge n. 566 del 10 luglio 1982 ed entrata in vigore dal 23 marzo 1983).

L’art. 4, secondo comma, prevede alcune disposizioni – definite tie-breaker rules – che elencano i criteri per determinare quale dei due Stati contraenti dovrà avere prevalenza nel considerare residente il contribuente. Quindi, quando, in base alle disposizioni del paragrafo 1, una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, la sua situazione è determinata nel seguente modo:

  1. detta persona è considerata residente dello Stato contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in ciascuno degli Stati contraenti, è considerata residente dello Stato contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali);
  2. se non si può determinare lo Stato contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente;
  3. se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità;
  4. se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti o se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo.

I criteri elencati non sono già alternativi, ma ordinati in linea gerarchica.

Ma allora cosa si intende per abitazione permanente?
L’espressione “abitazione permanente” sembrerebbe corrispondere alla residenza di cui all’articolo 43, comma 2, del codice civile ovvero: la dimora abituale. L’abitazione può essere posseduta a qualsiasi titolo purché il soggetto l’abbia a disposizione continuamente e non occasionalmente allo scopo di un soggiorno di breve durata.

E quindi cosa succede se Carla ha una casa di proprietà in Italia, magari sfitta perché non ha ancora provveduto a sgombrarla, e una dimora abituale in Nuova Zelanda?
Probabilmente l’abitazione neozelandese a disposizione e utilizzata abitualmente potrebbe già da sola dirimere l’arcano. O forse si dovrà ricorrere al criterio successivo, quello del centro degli interessi vitali. L’espressione “centro vitale degli interessi vitali” sembrerebbe corrispondere al domicilio di cui all’articolo 43, comma 1, del Codice civile.  E’ il luogo in cui le relazioni personali ed economiche dell’individuo sono più ristrette considerando le sue relazioni familiari e sociali, la sua occupazione, le sue attività politiche, culturali o di altro genere, la sede d’affari o  quella dalla quale amministra le sue proprietà.

Se anche questo criterio non è soddisfacente, allora si ricorrerà al criterio di dove soggiorna abitualmente, poi alla nazionalità e infine all’accordo tra gli stati.

Torniamo allora alla nostra Carla, single per scelta che ha abbandonato l’Italia per la Nuova Zelanda. Carla ha una casa di proprietà in Italia, superficialmente non si è iscritta all’AIRE e, per questo anno fiscale, ha vissuto 8 mesi in Nuova Zelanda. Sia l’Agenzia dell’Entrate che l’Inland Revenue bussano alla sua porta aspirando ad una bella dose di tasse.
Applicando la convenzione, Carla dovrebbe dichiarare tutti i suoi redditi solo in Kiwilandia, dove ha la sua dimora abituale, con buona pace della mancata iscrizione all’AIRE che in questo caso non pesa per nulla.

A noi non interessa sapere qui se la prevalenza della Convenzione derivi dal fatto che la normativa sia sovraordinata rispetto ad una legge del Parlamento ex art. 117 Cost oppure in base al principio per cui lex specialis derogat lex generalis. Queste sono pippe da studiosi. A noi basta sapere che la Convenzione ha prevalenza sulla legge ordinaria, anche sulla regola aurea per cui “no AIRE? Allora paghi le tasse in italì”.
Questo però non vuol dire automaticamente che sei salvo dalle grinfie del fisco italico!

Prendiamo ad esempio il cado di Stefano.
Stefano, come Carla, ha una casa di proprietà in Italia, ha un appartamento in affitto in Kiwilandia, non è iscritto AIRE e ha passato 8 mesi in Nuova Zelanda. Diversamente da Carla, Stefano è sposato e la moglie ed i 2 figli sono rimasti in Italia mentre lui veniva in avanscoperta da questa parte del mondo.
Diversamente da Carla, il centro degli interessi vitali di Stefano è in Italia. La sua famiglia ed i figli vivono ancora lì e probabilmente invia soldi con periodicità. In caso di contenzioso con l’Agenzie delle Entrate, questa volta non punterei sulla vittoria di Stefano.

Detto fuori dai denti, l’iscrizione all’AIRE semplifica la vita. Il fisco italiano può essere rognoso e, quando si attacca, è un’impresa liberarsene.
​Certo che nemmeno la richiesta di iscrizione all’AIRE è dirimente: con i tempi dell’Ambasciata (o almeno, quelli al tempo in cui io mi sono iscritta), puoi anche aver vissuto in Nuova Zelanda più di 183 giorni, ma risultare iscritto all’AIRE per meno della metà del periodo di imposta. Quindi, fa sempre bene essere coscienti del contenuto della normativa.

Che sia chiaro: quando dico che non è vero che la mancata iscrizione all’AIRE non comporta automaticamente il fatto di essere ritenuti fiscalmente residenti in Italia non intendo che potete stare sereni. La storia politica più recente ci ha insegnato che #nessunostasereno! Per gli Italiani che vivono e lavorano in Nuova Zelanda, la mancata iscrizione all’AIRE vuol dire che il fisco italiano può avanzare pretese, ma che poi l’esito non è automatico. Bisogna applicare la Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali ad singolo caso concreto. Ogni contribuente ha la sua storia.

La dichiarazione dei redditi

A questo punto è il momento della dichiarazione dei redditi.
Carla è fiscalmente residente in Nuova Zelanda. Per questo primo anno, Carla dovrà pagare le tasse su 8 mesi di reddito da dipendente in Kiwilandia, e sui 4 mesi di stipendio percepito mentre ancora viveva in Italia. Grazie alla possibilità di esenzione dei redditi prodotti overseas, Carla non dovrà dichiararli all’Inland Revenue. L’esenzione vale per 4 anni, dopo di che Carla sarà tenuta al dichiarare tutto secondo il principio della World Wide Taxation. Per i 4 mesi di stipendio italiano, dovrà fare i conti con il fisco della madre patria.
Immaginiamo ora Carla tra 4 anni: nel 2022, dovrà dichiarare all’Inland Revenue i redditi prodotti in Nuova Zelanda + l’affitto percepito dalla casa in Italia.
Secondo la normativa neozelandese, Carla potrà detrarre dell’income italiano le spese relative all’affitto (agenzia immobiliare, lavori di manutenzione…). In base alla Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali, poi, Carla potrà far valere in Nuova Zelanda le tasse pagate in Italia sul reddito da beni immobili. L’affitto produce reddito e, siccome la casa è in Italia, Carla è obbligata a pagare le tasse sul reddito da bene immobile in Italia. Ma siccome è la Nuova Zelanda il paese di imposizione fiscale, dovrà dichiarare tali redditi e pagarci le tasse anche in Kiwilandia. Ma per evitare la doppia tassazione, Carla potrà godere di un credito di imposta per la parte già versata nel Bel Paese.

​Per Stefano probabilmente sarà diverso, perché mantenendo il centro dei propri interessi in Italia, sarà tenuto a dichiarare tutti i redditi percepiti anche in Kiwilandia nella dichiarazione italica. Ma anche qui, dichiarando tutto potrà beneficiare del credito di imposta relativo alle tasse già trattenute in Nuova Zelanda.

To’, beccatevi l’articolo: Art. 165, comma 1, Tuir: “Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione”.

Se Stefano non dichiarasse tutti i redditi, sarebbe considerato un evasore fiscale.
Ma ovviamente c’è la possibilità di “condono“: I cittadini italiani che, per motivi di varia natura, non si sono iscritti all’Aire e che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi in Italia, perdono il diritto di usufruire della detrazione delle imposte pagate all’estero (comma 8 dell’art. 165 del Tuir), se accertati. Per non perdere il diritto al riconoscimento delle imposte pagate all’estero, una norma introdotta di recente (la legge di conversione del Dl 50/2017) consente, nell’ambito della cosiddetta procedura della “collaborazione volontaria” (voluntary disclosure), per la quale è stata disposta la riapertura dei termini di adesione al 30 settembre 2017, di superare il divieto disposto dal comma 8 dell’art. 165.
I dettagli ovviamente sul sito dell’Agenzia delle Entrate!


Alcuni riferimenti in più

E al di là di queste regole generali, la Convenzione – tra le alte cose – specifica che:
Art. 6 – I redditi derivanti da beni immobili, compresi i redditi delle attività agricole o forestali, sono imponibili nello Stato contraente in cui detti beni sono situati.
Art. 7 – Gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che la impresa non svolga la sua attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata.
Art. 10 – I dividendi pagati da una società residente di uno Stato contraente ad un residente dell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato.
Art. 11 – Gli interessi provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato.
Art. 13 – I redditi o gli utili derivanti dall’alienazione di beni immobili (…) sono imponibili nello Stato contraente dove detti beni sono situati.
Art. 14 – I redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività indipendenti di carattere analogo sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale residente non disponga abitualmente, nell’altro Stato contraente, di una base fissa per l’esercizio delle sue attività. Se egli dispone di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell’altro Stato contraente ma unicamente nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa.
Art. 15 – I salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato.
Art.18 – Le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato.

E più non mi domandate ché io – Diritto tributario – l’avevo tolto dal piano di studio.


La pensione, questa sconosciuta!

NEWS!!!
E invece no, qualcosa in più potete domandarla ché ho studiato e ho imparato delle belle novità in tema di pensioni italiane percepite da un Cittadino Italiano Residente all’Estero:
In linea generale sono imponibili in Italia le pensioni corrisposte a persone non residenti nello Stato italiano, da enti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso.
Tuttavia, le Convenzioni contro la doppia imposizione fiscale generalmente prevedono eccezioni a questa regola. Così, ad esempio è stabilito dalla Convenzione tra Italia e Nuova Zelanda (firmata a Roma il 6 dicembre 1979 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 224 del 16/08/1982):
art. 18
Fatte salve le disposizioni del paragrafo 2. dell’art. 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato.

Pertanto, il pensionato che risiede all’estero può chiedere all’INPS l’applicazione delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni fiscali in vigore, al fine di ottenere la detassazione della pensione italiana (con tassazione esclusiva nel Paese di residenza). Così si legge chiaramente sul sito dell’INPS.

Ovviamente,  non basta semplicemente iscriversi all’AIRE per ottenere automaticamente la detassazione della pensione. Ci mancherebbe! Troppo facile, non trovate? No, il pensionato dovrà presentare alla sede INPS che gestisce la sua prestazione l’apposito modulo assieme all’attestazione della residenza fiscale estera da parte della competente Autorità straniera.

Se, poi, avete scoperto solo ora questa bella novità, non crucciatevi: potete presentare la richiesta di rimborso delle tasse già trattenute inviando apposita richiesta al Centro Operativo dell’Agenzia delle Entrate di Pescara (Via Rio Sparto 21, 65100 Pescara). Attenzione, pero, il termine di decadenza del diritto è di 48 mesi dalla data del prelevamento dell’imposta (artt. 37 e 38 del D.P.R. 29/09/1973 n. 602). Inoltre, l’istanza d0ve contenere necessariamente l’attestazione di residenza ai fini tributari nel Paese estero, rilasciata dalla competente Autorità fiscale nonché la dichiarazione di esistenza di eventuali altre specifiche condizioni previste dalla Convenzione.Viviana Torna Su Proudly powered by Weebly